Luciano Pignataro: “Sanremo e la crisi della Stampa”

Angelina Mango si aggiudica la 74° edizione del Festival di Sanremo dove le polemiche e certi comportamenti del pubblico nei riguardi del giovane napoletano Geolier hanno lasciato una brutta immagine sul festival della canzone italiana. A prescindere dal fatto che il televoto ha premiato col 60% Geolier rispetto al 16% della Mango. Luciano Pignataro ha vergato un commento sulla kermesse canora che sottoscriviamo in pieno e che proponiamo ai nostri lettori.

“Non avrei scritto nulla di Sanremo di cui non ho mai visto un minuto dagli anni ’70 in poi se non quando ero ragazzo ai tempi delle sfide fra Gianni Morandi e Claudio Villa: era l’unica trasmissione per cui mia madre non mi faceva andare a letto dopo Carosello e confesso di non conoscere una strofa dei primi cinque classificati di cui ignoravo persino l’esistenza, a parte la figlia del mitico Mango, lucano, il cui papà ho conosciuto in più serate a Sapri per cui sono contento. E allora che vuoi, mi potreste dire, approfitta per una volta di stare zitto.
Lo sarei stato se non avessi visto il video di Selvaggia Lucarelli sulle reazioni della sala stampa alla vittoria di #Geolier rilanciato da Dagospia. Un coro di “ma chi è”, “c’è un imbroglio” “non fate votare la Campania”, “Gli avrei dato zero se avessi potuto”, etc etc.

Ecco una risonanza magnetica della radice della crisi del giornalismo in questa fase storica: l’incompetenza ormai diffusa ed esibita senza vergogna tra i colleghi coniugata all’essersi trasformati in tifosi e rilanciando i luoghi comuni invece di vergognarsi di non sapere nulla su chi ha centinaia di milioni di visualizzazioni. (Un Parenzo che dice in diretta Tv di documentarsi sul popolo Saharawi che era una questione all’ordine del giorno è un segnale come tanti di questa situazione).
Dico, ma se stai a #Sanremo in sala stampa e non conosci un personaggio per cui vanno pazzi tutti i giovanissimi italiani, non solo napoletani, come tutti andavamo pazzi per Pino Daniele, invece di domandarti chi è, fare lo sforzo di cercare su Google o su qualche social e mettere fine alla tua incompetenza scoprendo che è seguito da milioni di persone e che il tuo mestiere non è giudicare, ma raccontare.
Ora pensate un atteggiamento su altri temi, per esempio la politica estera, dove la maggior parte definisce putiniani coloro che sono contrari all’invio di armi a Kiev, ossia la maggior parte degli italiani. Non è drammatico? Dove sono le contro inchieste degli anni ’70 sulle versioni ufficiali belliciste del Pd e di Fdl?
Questa incapacità di sintonizzarsi su quello che pensa la gente è alla base di una crisi epocale dei media tradizionali e il motivo fondamentale per cui la web reputation della categoria è alla frutta.

Questo atteggiamento può essere declinato su ogni dove, per esempio anche nel piccolo mondo della gastronomia dove la maggior parte di chi scrive è concentrato su 40, 50 nomi in Italia senza rendersi conto della radicale trasformazione in atto.
Insomma, non è solo colpa dei cattivi editori se le cose non girano come dovrebbero.
Tornare fra la gente e capire farebbe bene a tutti coloro che scrivono e si occupano di relazioni sociali o commerciano. Non a caso prima la malattia professionale della categoria era l’infarto, oggi sono le emorroidi.
😀
Ps: togliete il voto alla sala stampa la prossima edizione
PPs: Amadeus e Fiorello sono grandissimi professionisti per saper giocare, da sessantenni, con la nostalgia e al tempo stesso di stare sul pezzo. Del resto hanno 40 anni di mestiere alle spalle e non si resta al top se non entri in sintonia con chi ha 40 anni di meno. Vale per tutti i mestieri, nessuno escluso”.

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