Maxi operazione della DDA di Napoli “affonda” il comparto marittimo sorrentino-amalfitano

sorrento_capoUn vero e proprio terremoto ha colpito il sistema marittimo delle due Costiere, sorrentina e amalfitana, per l’operazione della DDA di Napoli che ha portato all’arresto di 9 persone e all’incriminazione di un’altra quarantina con accuse molto gravi: corruzione, turbata libertà degli incanti, del procedimento di scelta del contraente, illecita concorrenza con minaccia o violenza.  Dieci persone sono finite agli arresti domiciliari: Fabio Gentile 25 anni, di Furore; Salvatore Di Leva 66 anni di Sant’Agnello, armatore sorrentino presente in oltre trenta Società, titolare tra l’altro del Cantiere Megaride di Napoli dove fu ricoverata e “sezionata” la famosa balena morta a Sorrento; Aniello Formisano 66 anni, Torre del Greco; Rosario Marciano, 61 anni, Battipaglia; Liberato Iardino, 57 anni, Ercolano; Luigi Casola, 68 anni, Ercolano; Marcello Gambardella, 53 anni, di Amalfi, Cooperativa Sant’ Andrea; Giovanni Provenzano, 51 anni, Sorrento; Aniello Portoghese, 49 anni, Torre Annunziata; Francesco Cimmino, 50 anni, Boscoreale.
Gli altri indagati sono: i contrammiragli in pensione Oreste Pallotta, Antonino De Simone, Antonino Giannetto; Ivan Savarese già comandante della Capitaneria di Porto di Castellammare di Stabia; due comandanti del Roan (Reparto operativo aeronavale) della Guardia di Finanza, Luca Tossini e Stefano Bastoni; Lorella Iasuozzo, già dirigente del Settore Demanio della Regione Campania; Salvatore Lauro, ischitano, già senatore della Repubblica (Alilauro); Francesco Schisano, collaboratore di Salvatore Di Leva; Vincenzo Cosenza, imprenditore turistico e ristoratore di Piano di Sorrento; Alfonso Ronca, imprenditore nel settore trasporti e molte altre attività; Giuseppe De Angelis, Immacolata Centro, operatori del settore nautico-turistico in penisola sorrentina, Domenico Aiello, Achille Giglio, Vincenzo Consalvo dipendenti regionali. Un elenco che però è incompleto e che, soprattutto, potrebbe allungarsi nel corso dell’inchiesta destinata a ulteriori sviluppi se si considerano precedenti iniziative della magistratura non andate a buon fine, o solo parzialmente analizzate. Ad aggravare la situazione anche la contestazione del “metodo mafioso” posto in essere da alcuni indagati ritenuti vicini alla camorra stabiese.

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