“Armatori e Capitani del Piano di Sorrento nell’800” il nuovo saggio storico di Francesco Saverio Esposito

L’avvocato Francesco Saverio Esposito sta conducendo da alcuni anni a qeusta parte approfondite di archivio sulla storiografia della Penisola Sorrentina e in particolare della Città di Piano di Sorrento di cui questo è l’ultimo lavoro dedicato alla marineria locale attraverso le storie di armatori e capitani che hanno portato alto il nome di Piano e della Costiera nel mondo.

aramtori-di-piano1“Cercherò di raccontarvi qualche particolare sulla marineria del Piano di Sorrento nell’800, ma tengo a precisare che svolgerò considerazioni e valutazioni limitate alle notizie reperite attraverso la lettura di quei documenti che ho personalmente visionato presso i vari archivi, Notarile, di Stato, Basilica di S. Michele oppure attingendo a carteggi di famiglia o di amici legati ai protagonisti di quello che fu il secolo d’oro della marina a vela per le nostre contrade.
E, dunque, il mio non sarà per nulla un racconto esaustivo di quella complessa vicenda che vide tre piccoli centri costieri, Piano, Meta e S. Agnello, alla ribalta delle dinamiche marittime nazionali.
Le esperienze acquisite nel corso del XVII e, soprattutto, del XVIII secolo, in fatto di organizzazione delle attività mercantili, gestione delle navi e, anche, allestimento e organizzazione dei cantieri navali sulle spiagge di Cassano e Alimuri, si rileveranno decisive per gli accadimenti del secolo successivo. E’ nel corso del ‘700 che si consolida, a livello armatoriale e finanziario, una classe imprenditoriale tra le più considerevoli del Regno delle due Sicilie e, poi, dell’Italia post unitaria.
Nascono compagnie di navigazione, società commerciali e, in definitiva, si forma una imprenditoria di tipo moderno capace di governare attività terziarie anche attraverso la formazione di società di capitali con plurimi interessi principalmente nel settore marittimo.

Una realtà che può, almeno in parte, cogliersi dai contenuti di un atto del primo novembre 1837 stipulato dal Notaio Ferdinando Castellano, con studio in via Iommella Grande, al quale si rivolgono i fratelli Don Mariano Lauro, domiciliato in Meta alla via Bosco, e Antonino, domiciliato in Piano di Sorrento in via Casa Lauro, entrambi figli del cap. Michele Lauro (della nota famiglia di via Casa Lauro), per liquidare la società commerciale che avevano costituito in precedenza nei primi decenni dell’800.
A tal uopo il Notaio redige la massa attiva della società elencando proprietà immobiliari, non solo quelle ubicate a Piano e Meta, ma anche quelle nella città di Napoli, crediti, e quel che più interessa, partecipazioni che la società “F.lli Lauro” vantava nell’ambito marittimo. Il che offre l’opportunità di comprendere quanto fosse, già negli anni 30 del XIX secolo, sviluppato ed organizzato l’armamento navale nei due Comuni della costiera. I nostri Don Mariano e Don Antonino Lauro, infatti, possedevano partecipazioni su compagnie di navigazione, carati su navi, azioni su altre società ecc… .
Il notaio esegue una lista quanto mai precisa: metà del brigantino del cap. Giovan Camillo Cafiero, un quarto del brigantino dei sig.ri Felice e Silvestro Cafiero, una parte e mezza sul brigantino di Biagio Esposito, due azioni sulla compagnia diretta da Don Costantino Guarracino, due azioni sulla compagnia di cap. Salvatore Cafiero, due azioni sulla compagnia di Don Ferdinando Castellano, due azioni sulla compagnia di Don Andrea De Martino, ed, ancora, vari crediti come 7.500 ducati dal marchese Maresca, 1.000 da Don Raffaele Amalfi, 1.000 da Don Giuseppe Mastellone e Donna Raffaella Maresca, 476 ducati dagli eredi di Don Gennaro Lauro, 8.000 ducati da Don Antonio Meneghini, 3.000 dal Cav. Vincenzo Correale, e, continuando carati sui brigantini Bove del capitano Fabbiano, sui brigantini Capitale e Penelope. Seppur circoscritto l’oggetto del contratto dal contenuto appare non discutibile che in Costiera si fosse formato un sistema di attività economiche e finanziarie di tipo moderno che ponevano l’area, sotto tale profilo, tra quelle all’avanguardia nell’ambito regnicolo.

In fatto di costruzioni navali a vela, poi, soprattutto sul finire del 700, erano state acquisite capacità tali da consentire il varo di velieri idonei a navigare in sicurezza dentro e fuori dallo stretto di Gibilterra.
Come si era già verificato nei secoli precedenti si avvicinano al settore marittimo anche personaggi apparentemente (in qualche caso sostanzialmente) provenienti da esperienze diverse. E’ quanto avviene per l’armatore Francesco Saverio Ciampa che, nato nel 1821 da una famiglia piuttosto agiata, già impegnata nel commercio di agrumi, si rese protagonista della costruzione di una flotta tra le più notevoli dell’Italia postunitaria. Altri come i Lauro, i Maresca, i Cafiero, per citarne alcuni, proseguono l’avventura iniziata secoli primi e rinvigorita nel corso del XVIII secolo da sempre più avvincenti esperienze marittime. Segnalo, per far esempio di questa continuità con il secolo antecedente, l’armatore Giovanni Maresca, padre di Francesco detto “Zi Ciccio”, che armò nella seconda metà dell’ottocento numerosi brigantini: il Selina Stanford costruito a Cassano nel 1868, l’Andrea ed il Giaele costruiti entrambi a Cassano, l’Immacolata costruita ad Alimuri nel 1877, l’Ercole varato all’Alimuri nel 1872, il Guglielmo Carlo Stanford varato a Cassano nel 1874, l’Elisa (di ben 1497 tonnellate) varato a Liverpool nel 1878, il Ninfa costruito a Southampton nel 1883, il Dora costruito ad Amburgo nel 1878, il Fiducia costruito a Cassano nel 1884.

Ebbene Giovanni Maresca era un nipote del cap. Saverio Maresca a sua volta figlio del cap. Carlantonio Maresca di cui ho parlato nel precedente articolo relativo alla storia della Marina di Cassano dal 600 all’800. Capitan Saverio e Capitan Carlantonio Maresca, tra i più energici armatori del Piano di Sorrento nel XVIII secolo, sono stati da me citati quali committenti dei maestri d’Ascia De Rosa della Marina di Cassano per la costruzione di polacche e tartane. La prova di quanto ho detto poc’anzi e cioè che nel XVIII secolo furono poste le basi per lo sviluppo della marineria peninsulare dell’800.
Quanto a Francesco Saverio Ciampa c’è da osservare un fatto stranoto: nacque in una famiglia che non aveva fino ad allora volto lo sguardo al mare. Figlio di Francesco e Maria Luigia Maresca, il 29 gennaio del 1846 sposò D. Emilia Cacace, nata il 15 gennaio 1830 (e, dunque, appena sedicenne al momento del matrimonio), figlia del Cap. Antonio Cacace e di Angela Maria Castellano. E’ ragionevole credere che Francesco Saverio Ciampa avesse ricevuto impulso a intraprendere l’attività armatoriale proprio dai Cacace che, in fatto di navigazione, vantavano tradizioni consolidate. Il capitano Antonio Cacace (1784) dimorava in un antico fabbricato settecentesco posto nel vicoletto che all’epoca era parte di via Savino ed oggi è IIIa Traversa S. Michele.

Sulla pietra di chiusa del portale d’ingresso in pietra pipernoide è ben riconoscibile lo stemma gentilizio dei Cacace. All’interno sulla prima rampa di scala un magnifico pannello maiolicato raffigurante l’Arcangelo S. Michele.

Un ceppo storico, presente nel Piano di Sorrento fin dal medioevo e, con Maresca e Massa, compatrono della chiesa di S. Michele che contribuì a ricostruire nella seconda parte del XVI secolo dopo l’accodo sottoscritto con le altre due casate, nel 1559, dinanzi al Notaio Ferrante Maresca. Alla famiglia Cacace, che aveva la sua collocazione storica proprio nell’intreccio di vicoletti di S. Michele e S. Margherita faceva capo altresì anche il patronato sulla omonima Cappella (di S. Margherita) intitolata alla Madonna della Libera.
Antonio Cacace, capitano e armatore (nel 1833 al comando del brigantino SS. Concezione, lo si incontra con frequenza sulle rotte del Nord Europa e del Nord America) era figlio del cap. Arcangelo, già proprietario della polacca “la Vergine del Rosario e S. Michele Arcangelo” (a fianco copia della dichiarazione del Notai Antonino Massa del 4.6.1804 di acquisto della polacca da parte di cap. Arcangelo) a sua volta figlio di un altro capitano Antonio (e quindi bisnonno di Emilia) di cui ho reperito varie tracce nei vari archivi.

Il 22 gennaio 1753 dai registri del porto di Crotone affiora il rapporto di un’avaria patita, a causa di una tempesta, dal suo pinco “L’Immacolata Concezione e L’Anime del Purgatorio” che lo costrinse a ferma forzata nel porto calabrese. All’epoca Crotone era crocevia di molti mercantili, soprattutto polacche, pinchi, martingane e tartane che, provenienti dall’Adriatico, vi facevano tappa. Si trattava di bastimenti non solo napoletani (e quando parlo di napoletani mi riferisco a quelli armati soprattutto nel Piano di Sorrento o a Procida) ma anche francesi, maltesi e, financo, olandesi o inglesi.
Dello stesso Capitano dai registri della Real Compagnia delle Assicurazioni Marittime risultano, poi, viaggi, della durata di 52 giorni, effettuati, negli anni 1762 e 1763, sulle rotte del Nord Europa. In particolare il capitano Cacace in questi viaggi intorno alla seconda metà del XVIII secolo trasportava olio dalla Puglia fino a Londra e da qui faceva ritorno con altra tipologia di mercanzia destinata alla fiera che si teneva periodicamente nella città di Salerno.

Cugino di Emilia era l’armatore Arcangelo Cacace (coniugato con Caterina Iaccarino di cap. Antonio), anche questi spesso impegnato in navigazioni sulle rotte di Nord Europa e Nord America (all’archivio che raccoglie le annotazioni portuali di Trieste è registrato un suo viaggio nel 1842 in 53 giorni dal porto inglese di Liverpool). Arcangelo, all’incirca negli anni 1830-1840, edificò il palazzo, color rosso pompeiano, posto in fondo a Piazza Cota (all’epoca piazza Mercato) tra via S. Margherita e via Casa Rosa. Un piccolo inciso anche per capire come si sviluppava urbanisticamente quest’area nell’800.

piazza-cotaFino a tutto l’800 la piazza si chiamava piazza Mercato perché vi si svolgeva una sorte di fiera dove era possibile acquistare di tutto, dalle spezie alla polvere da sparo, dai tessuti a partite di carne salate o baccalà, dalle armi agli utensili. Il fabbricato di Arcangelo Cacace, ho motivo di credere, fu edificato anteriormente al 1837 e ciò ho dedotto da un atto del notaio Giuseppe D’Urso del primo maggio 1837. Ivi Arcangelo Cacace (evidentemente già proprietario del fabbricato) consentì al confinante, cap. Costantino Lauro, di edificare in adiacenza nuovo fabbricato purché ne limitasse l’altezza fino ad un solo piano. In seguito questo fabbricato fu venduto al cap. Vincenzo Cafiero con lo stesso vincolo. E però da un successivo atto per Notar Pietro Maresca del 9 Giugno 1893 emerge che la vedova di Arcangelo Cacace, Caterina Iaccarino ed i figli Ercole, Tito e Carlo, rinunziarono in favore dell’ultimo proprietario in ordine di tempo, un Luigi Maresca (di Bartolomeo), alla servitù di altius non tollendi (quella costituita con atto del 1 maggio 1837 per notar Giuseppe D’Urso). L’esame dei vari atti stipulati tra il 1837 ed il 1893, dunque, consente di datare l’epoca di costruzione del fabbricato e, nel contempo, di capire come si presentava quell’angolo del centro di Carotto nei primi decenni del XIX secolo. A maggiormente chiarire soccorre questa planimetria catastale della seconda metà dell’800 che segue.

Ma torniamo nuovamente alle vicende dei Ciampa. Francesco (il padre di Francesco Saverio Ciampa che chiamerò da ora Francesco Ciampa senior per distinguerlo dal nipote che gestirà la flotta dopo la morte del padre Francesco Saverio avvenuta nel 1892) fu particolarmente dinamico commercialmente nei primi decenni dell’800 effettuando, come provano alcuni atti stipulati dai notai Antonino Massa (in servizio a Piano di Sorrento dal 1795 al 1829) e Ferdinando Castellano (con studio in via Iommella Grande dal 1825 al 1845), diversi acquisti immobiliari, alcuni palesemente finalizzati a meglio perseguire iniziative finanziarie. Nell’arco temporale 1819-1841 comprò, soprattutto in quell’area circoscritta da via S. Sergio, dove dimorava, via Iommella Grande e via Iommella Piccola, vari terreni e fabbricati. Significativo è l’atto per notar Ferdinando Castellano del 5.2.1836 con cui si rese acquirente dai coniugi Gaetano Balsamo e Anna Cappiello nonché da Rosa Balsamo ved. di Aniello Maresca, di un magazzeno di notevoli dimensioni alla Marina di Cassano. Nell’atto Francesco viene qualificato dal Notaio come “negoziante del Piano di Sorrento” e, dunque, è ragionevole presumere che fosse già inserito in attività di tipo commerciale.

L’anno successivo, con altro atto (per mano dello stesso Notaio) del 26.11.1837 (atto rep. n.186), acquistò da tali Antonio, Giosuè e Francesco Iaccarino nonché da Giuseppe Attanasio, definiti in atto “Nautici” del Piano di Sorrento, sempre alla Marina di Cassano i ruderi di un magazzeno già appartenuto a don Andrea Massa proprietario anche del sovrastante costone tufaceo. E’ probabile che i magazzini fossero indispensabili per la conservazione degli agrumi in un punto, Marina di Cassano, da dove ne era agevole l’imbarco sui velieri adibiti al trasporto. Questi due acquisiti di locali deposito alla Marina di Cassano, in particolare, potrebbero aver segnato l’inizio di quell’attività di esportazione su cui, almeno nei primi tempi, avrebbe, poi, fondato la sua ascesa imprenditoriale il figlio Francesco Saverio.

Gli acquisiti di Francesco Ciampa senior nei primi decenni nell’800 appaiono rivelatori di una realtà socio economica familiare diversa da quella comunemente descritta in varie biografie dell’armatore.
Mi pare verosimile che ai primi dell’800 la famiglia Ciampa fosse già notevolmente solida economicamente e già introdotta in attività commerciali per cui non è del tutto corretta l’affermazione che Francesco Saverio abbia dal nulla creato le proprie fortune armatoriali. Al contrario è molto più plausibile presumere che la sua fosse una famiglia già benestante alla fine del XVIII secolo e già, almeno in parte, inserita nel settore mercantile. Del resto, se non fosse stato così, difficilmente Francesco Saverio avrebbe ottenuto la mano di Emilia dal capitano Cacace. All’epoca, senza che ci giriamo troppo intorno, i matrimoni normalmente venivano celebrati tra soggetti che, seppur socialmente non del tutto affini, avevano similare consistenza economica.

Quella dei Cacace era una famiglia illustre ed antica che, oltre a grandi marinai annoverava personaggi di spicco quali Carlo (1737), insigne medico napoletano, il figlio Tito, altro cugino di Emilia, noto avvocato, presidente per circa 30 anni dell’Ordine degli Avvocati di Napoli, già presidente della Banca delle due Sicilie, poi, dopo l’Unità, del Banco di Napoli e Primo Presidente della Banca Generale della Penisola Sorrentina. Infine, per molte legislature, Senatore del Regno d’Italia.

Com’è evidente Francesco Saverio Ciampa ebbe a contrarre un matrimonio che oggi definiremmo importante che lo introduceva in quella ristretta cerchia di antiche famiglie di Piano di Sorrento gelose delle loro tradizioni e che, alla chiara vocazione marinara, univa propensione anche per l’esercizio delle professioni liberali. Ragionevolmente fu un’unione felice perché allietata dalla nascita di numerosa prole ma, di sicuro, determinante per Francesco Saverio perché lo introdusse in quel mondo di imprenditori marittimi al quale aspirava e ciò, di certo, lo agevolò nel costruire una flotta che, in un arco temporale di oltre mezzo secolo, fu in grado di impiegare centinaia di marinai, capitani e altre maestranze. Non credo a caso in un volumetto che la famiglia fece pubblicare in occasione della morte avvenuta ad aprile del 1892 (gentilmente mi è stato offerto in visione da una discendente, l’arch. Gioconda Cafiero) a proposito dell’incontro con i Cacace vi si afferma che “volse lo sguardo al mare”. E, dunque, certo che la spinta ad investire nell’ambito marittimo fu se non favorita quanto meno ispirata dalla famiglia della moglie. Ma “quello sguardo al mare” egli seppe spingerlo fino in fondo tanto da costituire una flotta mercantile di tutto rispetto valutata nella seconda metà dell’Ottocento terza per importanza in Italia, con propri uffici di rappresentanza non solo in Italia, doveva aveva importanti filiali a Messina e Rodi Garganico, ma anche a in Inghilterra e negli Stati Uniti.

Ed anche in questo caso è risultato fruttuoso consultare il volumetto agiografico pubblicato nel 1892. Infatti, vi sono annotati telegrammi e comunicazioni di condoglianze pervenute alla famiglia da parte di personaggi in vista (spiccano quelli del Ministro della Marina Benedetto Brin e del Sottosegretario al Commercio Estero On. Giacomo De Martino, del Sen. Achille Basile Prefetto di Napoli, dell’ex deputato Mariano Ruggiero ecc….,) ma anche da dirigenti di altre società di navigazione (Giovanni Laganà Direttore Generale della flotta Florio-Rubattino, Antonio Vinci della società di navigazione La Peloritana ecc…,) agenti della stessa società e operatori finanziari e commerciali operanti principalmente in America ed in Inghilterra.

Nello stesso anno del matrimonio, nel 1846, Francesco Saverio acquistò L’Eluisa, di circa 200 tonnellate. Nel tempo di acquisti (di cui ho trovato traccia negli atti notarili) di bastimenti sia varati a Cassano o Alimuri sia varati altrove, alcuni a Genova, nei cantieri di Sestri Levante, e, nel caso del brigantino con scafo in ferro Francesco Saverio Ciampa, addirittura a Glasgow in Scozia, ne seguirono numerosi
Nel 1864 vi fu il varo, a Cassano, del brigantino a palo “Emilia” di 426 tonnellate che restò in servizio fino al 1894. Al suo comando fu nei primi anni il cap. Odoardo Cacace e, successivamente, il cap. Salvatore Cafiero, in seguito il Cap. Francesco Saverio Cocurullo che, della flotta Ciampa, divenne il commodoro e l’uomo di fiducia. Tanto da ricevere, nel 1886, l’incarico dall’armatore di recarsi a Glasgow per ritirare ai cantieri dei fratelli David e William Henderson il nuovissimo brigantino con scafo in ferro Francesco Saverio Ciampa di 1526 tonnellate di stazza. Il Console Italiano in Scozia Giorgio Breen consegnò al capitano Cucurullo il “passavanti provvisorio” della nave che carico di carbon fossile, intraprese il viaggio inaugurale su una rotta piuttosto impegnativa da Glasgow fino a S. Francisco. foto-2Dopo aver, felicemente, dal 15 al 17 dicembre 1886, doppiato Capo Horn, arrivò a San Francisco il 26 Febbraio 1887 da dove ripartì, il 9 maggio, con grano in sacchi per Falmouth che raggiunse il 20 settembre 1887. Con successivo atto per notar Pietro Maresca del 18 novembre 1886 il cav. Ciampa ed i figli Salvatore ed Francesco ne registrarono l’acquisto ai fini dell’iscrizione nel compartimento marittimo di Castellammare di Stabia.

In uno dei vari viaggi il Cap. Cocurullo fu autorizzato a portare a bordo, in viaggio di nozze, la propria consorte Raffaella. Nella traversata di ritorno da S. Francisco il bastimento si trovò in panne nella zona degli alisei ed il cap. Cocurullo, angosciato dello stato di avanzata gravidanza della moglie, avendo incrociato un grosso tre alberi inglese segnalò al capitano di fermarsi per chiedergli se avesse esperienza su come condurre un parto a bordo. Fortuna volle che anche il capitano inglese avesse con sé la moglie e questa fornì notizie utile al da farsi ed, anche, un manuale di ostetricia.
Fortunatamente il “F. S. Ciampa” raggiunse Falmouth in tempo utile per il lieto evento, che ebbe luogo all’indomani dell’arrivo.
Quanto all’Emilia restò in servizio per 30 anni impegnata in difficili navigazioni con il Nord Europa ed il Nord America. Il 10 Dicembre 1883 è registrata a Punta Europa proveniente da New York con petrolio in cassette con destinazione Palma de Mallorca, ove dette fondo il 23 Dicembre, per ripartirne, il giorno successivo diretta a Castellammare di Stabia.
Con atto per Notar Pietro Maresca del 30 dicembre 1894, rep. 2998, Francesco (figlio di Francesco Saverio) ne cedette, poi, la proprietà a tale Vincenzo Cardillo, commerciante napoletano, per la somma di 7.000 lire. Una somma modesta che le parti giustificarono in relazione all’età del bastimento ed al suo stato d’uso ormai non più impeccabile.

Sempre nel 1864 Francesco Saverio Ciampa costituì la ditta Sorrentina Esportazione Agrumi che aveva succursali a Messina ed a Rodi Garganico. Di questa sede, più tardi, divenne responsabile suo figlio Agnello che si trasferì in Puglia. Nel 1885, ciò risulta da un atto di donazione stipulato dal Notaio Pietro Maresca il 15 luglio 1885, l’armatore non riuscendo a partecipare al matrimonio di Agnello con Maria Pia del Giudice figlia di tal Tommaso del Giudice, che si celebrò in Rodi Garganico, provvide a donargli la bella somma di 50.000 lire quale regalo di nozze.
In quella seconda metà dell’800 gli acquisti di navi da parte di Francesco Saverio Ciampa sono abbastanza frequenti.

Il Brigantino a palo Cav. Ciampa varato a Genova nel 1889. Al primo viaggio, nel 1890, di ritorno da New Jork per Genova, al comando del Cap. Enrico Cafiero, impiegò soli 57 giorni per la traversata.

Il primo luglio del 1873 comprò, con atto per pubblico notaio di New Joork, unitamente al capitano Nicola Gambardella di Conca dei Marini, domiciliato in Meta in via del Lauro, il Brigantino “Vesuvio” di 539 tonnellate per dollari 10.500 pari a lire 50.500. Il 15 novembre dello stesso anno sottoscrisse innanzi al Notaio Maresca con il Gambardella un atto con cui i due concordano le modalità di gestione della nave stabilendo che la direzione spettasse a turno, per un periodo di 2 anni, a ciascuno dei comproprietari che avrebbe potuto, a suo insindacabile giudizio, nel periodo di sua competenza, scegliere il capitano al quale affidare il comando e noleggiare il bastimento.

Devo, a questo punto, segnalare che, così come il Gambardella (nel caso dell’acquisto del brigantino Vesuvio) o il Cardillo (per la compravendita dell’Emilia), nel corso del XIX secolo molti furono gli operatori del settore, armatori o spedizionieri, che, pur non essendo originari né di Piano né di Meta, vi avevano un domicilio per disbrigarvi i propri affari. Indiscutibilmente i due Comuni costieri della Penisola Sorrentina, in quel momento storico, costituivano piazze commerciali importanti dove avere una domiciliazione poteva risultare decisivo al fine di meglio coltivare i propri affari. A Piano e Meta si svolgevano numerose transazioni e contrattazioni relative ad acquisto o costruzione di navi o, anche, vi si concordavano noli e viaggi. E, a questo punto, non può ignorarsi che a Meta aveva sede un’associazione, la Mutua Sorrentina, costituita con capitali immessi dai maggiori operatori del settore, che assicurava navi e carico.

In proposito vi segnalo due atti stipulati dal Notaio Pietro Maresca (di lato l’androne dell’antico palazzo dei “Mangiagalline” a Bagnulo dove era ubicato lo studio dei notai Antonino e Pietro Maresca) di cui uno il 20 agosto 1883 e l’altro l’8.10.1885. Con il primo Il 20 agosto 1883 re.294 l’armatore Aniello Guida di Napoli ma con domicilio in Procida (Si tratta di un armatore piuttosto importante dell’isola di Procida ed i procidani in fatto di marineria erano secondi solo a carottesi e metesi) acquistò da Gabriele Starita di Meta il barco “S. Anna e Maria” all’ancora nel porto di Nisida fin dal 28 febbraio 1879 perché danneggiato da un naufragio.

Alla stipula intervenne il cap. Michele Russo, quale Direttore della Mutua Sorrentina con domicilio alla Marina di Cassano civico 2 che, avendo risarcito all’Astarita i danni dell’avaria, aveva riscatto la proprietà del brigantino che, quindi, rivendette per la somma di 18.500 lire al Guida.

Con l’atto dell’8.10.1885 (rep. 515 del registro notarile speciale) Candida Lauro fu Mattia, vedova del cav. Giovanni Cafiero, dom.ta in via Meta (a Meta), acquistava da Francesco Cafiero fu Valerio procuratore di Veneranda De Maria fu Raffaele, Francesco Scarpati fu Gaspare, Maria Luigia De Maria domiciliata in via Colombo 13, Eufemia De Maio, donataria dal cap. Federico De Maria, e Teresa Avellino ved. Di Raffaele De Maria 15 carati su 25 sul brigantino “Luigi Montuori”, costruito nel 1871 (parte dell’eredità del cap. Raffaele De Maria deceduto nel 1884), per la somma di 28.500 lire. La vendita fu necessaria per coprire debiti e spese (procurate dall’attività del brigantino) in parte anticipate dallo spedizioniere genovese Raffaele Stinga Nell’atto di precisava che gli acquirenti prendevano atto che la nave fosse assicurata con la mutua sorrentina e che erano state ad essa pagate tutte le rate mensili del premio assicurativo.

E’ agevole arguire dalla lettura di questi documenti notarili della seconda metà dell’800 che Piano e Meta fossero centri dove si svolgevano numerose attività finanziarie legate all’ambito marittimo. La sequela di atti notarili, a partire dal 1845-1850 e fino ai primi del 900, comprova la centralità finanziaria in ambito marittimo di Piano, Meta e S. Agnello. Tenendo presente che la mia ricerca è limitata alla parziale visura degli atti di 4-5 notai che hanno operato sul territorio di questi tre comuni costieri è facilmente intuibile cosa potrebbe venir fuori da una ricerca maggiormente accurata.

Nel 1883 nello studio del Notaio Maresca fu effettuato il sorteggio per l’aggiudicazione della proprietà del barco “Aurora” (che il Notaio Maresca afferma essere stato costruito nel 1873 alla Marina di Sorrento ma credo si tratti di un refuso perché, in realtà, il bastimento fu varato a Cassano. A Sorrento non vi era un cantiere in grado di costruire navi del genere) sul quale vantavano carati sia il cap. Giovanni Iaccarino fu Raffaele sia la sig.ra Maria Grazia Cacace vedova di Gabriele Starita entrambi di Meta. Non riuscendo a concordare il prezzo il Notaio organizzò un sorteggio tra i due caratisti a seguito del quale il barco, stimato del valore di 50.000 lire, fu attribuito per intero al Cap. Iaccarino che versò alla sig.ra Cacace la metà pari a 25.000 lire. Nello studio del Notaio Maresca compaiono in pratica tutti i più noti armatori della costiera dell’800 e in questo panorama non poteva mancare Gioacchino Lauro padre del più celebre Achille che costituirà nel secolo successivo la più importante flotta mercantile d’Europa.

Con testamento del 10 settembre 1880 pubblicato dal Notaio Pietro Maresca con atto del 21 marzo 1887 e reg. al n. 303 del 27 marzo all’Ufficio del Registro di Piano, il capitano Antonino Lauro (nonno del più celebre Achille) divise i propri beni, compresi due brigantini a palo, Conquistatore ed Italia, tra i propri figli maschi Gioacchino, Pasquale e Luigi, onerandoli, fatto singolare, dell’incombenza di far celebrare in suo suffragio 400 lire di messe all’anno da prelevare dal ricavato della vendita di un fondo ubicato nel Comune di Sorrento in contrada Cesarano.
E’ opportuno precisare che già il nonno di Achille Lauro, il cap. Antonino, fosse inserito nelle attività marittime come affiora da un atto notarile del 14 aprile 1855 stipulato in via Bagnulo 34 nello studio del Notaio Antonino Maresca.
Questi (come emerge dalla foto del bando d’asta) fu delegato dal Tribunale di Napoli alle operazioni di vendita all’asta della quarta parte del Brigantino “S. Michele”, già appartenuto a tale Cap. Don. Pietro Maresca fu Giovanni che ne aveva fatto acquisto con atto per notar Ferdinando Castellano del 21 dicembre 1837 rep.202 dal cap. Don Angelo Maresca fu Salvatore dom.to in via Iommella Grande.

I carati furono attribuiti al Cap. Don Agnello Maresca, domiciliato in via Iommella Grande, che provvide a saldare gli altri creditori tra cui figurava, per l’appunto, il cap. Antonino Lauro fu Gioacchino, con domicilio in via Bagnulo e, anche, un Mariano Maresca calafato con domicilio in via Cassano (quasi tutti i calafati dimoravano nella zona di cassano e Vicolo S. Giovanni).
Con ulteriore atto del 20 dicembre 1887 rep. 896 i fratelli Lauro, poi, si accordarono in modo che a ciascuno di essi spettasse in egual misura la comproprietà dei due brigantini Italia e Conquistatore. Per ottenere ciò Gioacchino vendette ai fratelli Pasquale e Luigi Lauro parte delle quote che vantava sul brigantino a palo “Italia” di tonnellate 535 mentre, a sua volta, Pasquale vendette a Luigi e Gioacchino parte delle sue quote sul Conquistatore di tonnellate 598 ancorato, in quel momento, nel porto di Lisbona.

I tre fratelli stabilirono che ciascuno di essi, a turno e per un periodo di due anni, potesse comandare uno dei due brigantini convenendo che, nella scelta della turnazione, al comando avesse priorità il più anziano. Ma dall’atto emerge un altro particolare piuttosto importante. I fratelli Lauro si concedevano reciproco diritto di prelazione in caso di vendita di una o di entrambe le navi prevedendo, però, in caso di mancato accordo sul prezzo la possibilità di rivolgere istanza al Pretore di Piano di Sorrento (all’epoca gli uffici giudiziaria avevano sede in via Casa Lauro 9) per la nomina eventuale di un consulente terzo che determinasse il valore della nave. E, quindi, dall’atto affiora un ulteriore indizio su come fosse conformato il centro di Carotto dove esistevano vari uffici pubblici compresi un Ufficio Giudiziario.
All’atto della divisione (di lato copia dell’ultimo foglio sottoscritto dai fratelli Lauro) con i fratelli Gioacchino Lauro, già proprietario del brigantino a palo “Navigatore” costruito a Cassano nel 1877, aveva già costituito una flotta di tutto rispetto. Fu proprietario, tra gli altri, del “Cav. Lauro” ex “Fratelli Beverino” di 2.229 tonnellate varato a Sunderland nel 1889 ed acquistato nel 1908 che era il più grande bastimento a vela della penisola sorrentina.

Clienti del Notaio Maresca furono pure i fratelli Gaetano e Ferdinando Petrelluzzi di Meta che rappresentati innanzi al Notaio Maresca, il 22 aprile 1894, da Clemente Savarese, cedettero a Pasquale Balsamo, commerciante dom.to in via Meta ed al cap. Enrico Longobardo di Gaspare, il brigantino a palo Rosalia di 428 tonnellate. Clemente Savarese, pur nativo di Forio D’Ischia, era domiciliato in Meta alla via Meta, e fu proprietario di alcuni brigantini tra i quali l’Anfitrite di 1718 tonnellate costruito a Glasgow nel 1882 e naufragato al largo di Montevideo nel 1911.
Il 18 giugno 1883 è la volta del Cap. Federico Megna, domiciliato in Meta via Lamma, di comparire innanzi al Notaio Pietro Maresca per vendere al cap. Raffaele Scarpato un quinto sul brigantino Virginia ancorato a Reval (Russia).

Singolare è il contenuto dell’atto stipulato il 31 marzo 1885 (atto rep. speciale notarile 442) in via Fuoro innanzi al Notaio Pietro Maresca. Compaiono il Cap. Alfredo Lauro fu Costantino domiciliato in via Bagnulo, quale speciale procuratore della contessa Olivia Mantegna Alliata vedova del Conte Emanuele Mazzarino Lanza domiciliata in Palermo, anche quale rappresentante del figlio minore Giuseppe Lanza Mantegna conte di Mazzarino ed i sig.ri Antonino e Michele Paturzo costruttori navali domiciliati il primo a S. Liborio ed il secondo a Legittimo. Il Capitano Alfredo Lauro, fiduciario dei Mazzarino Lanza, concordò, per la somma di 50.000 lire, con i fratelli Paturzo la costruzione di un nuovo brigantino lungo metri 50 largo metri 10 ed alto metri 6 e centimetri 80 da costruirsi nel cantiere di sue eccellenza il Principe di Fondi. La notizia è anche quella che indica nel Principe Fondi il proprietario del cantiere posto nel vallone di S. Giuseppe sul lato ovest della Marina di Cassano.

E non meno particolare è il contenuto del testamento olografo del 15 gennaio 1882 di Raffaele Califano fu Leonardo pubblicato dal Notaio Maresca nel 1887. Questi donava ai poveri della Congregazione di Carità di Piano di Sorrento, rappresentata dal Sindaco cav. Domenico Cota, la 96a parte del brigantino “Francesco R”. Con successivo atto (sempre del Notaio Maresca) del 14 ottobre 1887 il cav. Cota, nella sua qualità di rappresentante dell’ente benefico, vendeva tale quota al cap. Gaspare Califano e nell’atto compariva quale testimone ancora una volta Clemente Savarese che abbiamo incontrato poca avanti in qualità di procuratore dei germani Petrelluzzi.

Il giorno 11 giugno 1898 con atto rep. 3771 il Notaio Maresca stipulò un atto di divisione avente ad oggetto i beni del Canonico Nicola Amalfi. Vi compaiono quali eredi del canonico i germani Silvio, Raffaele Amalfi ed Adele Amalfi coniugata con il cav. Giulio del Giudice del fu Federico. Cito quest’atto perché si tratta dell’avo del prof. Federico del Giudice che sarà nella seconda metà del 900 l’artefice della nota casa editrice ESSE Libri spa, una delle più importanti del sud Italia, ed acquirente da Achille Lauro del fondo di Villazzano a Massa Lubrense già appartenuto all’armatore metese Tommaso Astarita ed, in minor parte, al perito agrario Vincenzo Cosenza di Montechiaro. Valuto stimolante, attraverso la successione degli atti notarili, verificare come la costiera abbia espresso nel tempo chiare capacità imprenditoriali e come le sorti economiche delle varie famiglie che le gestivano nei secoli si siano intrecciate.

Il 15 ottobre 1901 con atto rep. 5032 Orsola Maresca vedova di Carlo Pollio e dom. in Meta alla via Vocale, quale procuratrice speciale di Antonino Pollio capitano vende ai fratelli di questi, i capitani Giovanni e Pietro Pollio la barca cilena “Adriana” acquistata nel 1898 da suo figlio, Antonino, in Montevideo per 5.000 pesos pari a 25.000 lire ed iscritta in Italia con i nome di “Carlo P.”. All’atto della vendita il bastimento era fermo a Portland nello stato dell’Oregon. E’ questa dei Pollio una importante famiglia di armatori metesi. Dei fratelli Pollio fu anche il brigantino Orsolina di 696 tonnellate, costruito a Glasgow, che, al comando del cap. Nicola Iaccarino, effettuò numerosi viaggi per Antofagasta e Valparaiso. Nel 1879 era in viaggio per il Madagascar mentre altro brigantino dei Pollio, il Titania, era in porto a Cape Town.
Questo sommario escursus su alcuni degli atti che ho reperito guardando i fasci del Notaio Pietro Maresca rimarcano la centralità delle nostre località costiere in settori economici importanti quali quelli dell’armamento navale. Vi invito ad immaginare, per un istante, di trovarvi a Piano o a Meta nella seconda metà dell’800 e di avere necessità di stipulare un vostro atto personale con il notaio Maresca in via Bagnulo. Dopo aver preso appuntamento vi recate nel suo studio e nella sala di attesa vi capita di incontrare armatori dei calibro di Ciampa, Lauro, Savarese, Pollio, Cafiero, Maresca, Russo, Guida di Procida, Mazzarino Lanza di Palermo, Stinga di Genova, o magari il rappresentante dei cantieri Henderson di Glasgow o di Sestri Levante ecc……e cioè il Gotha del mondo armatoriale italiano e di quello cantieristico anche europeo in quel momento. E magari con essi scambiate anche qualche battuta chiedendo ragguagli sull’andamento dei noli, sui tempi di traversata per viaggi commerciali verso le Americhe o l’Estremo Oriente.

Sarebbe un’esperienza veramente unica. Ciò per dire che, in pratica, quello studio notarile in via Bagnulo 34 era, in quel momento storico, al centro di interessi economici che indubitabilmente avevano un riverbero nazionale.
Ma torniamo di nuovo su Francesco Saverio Ciampa osservandone le vicende familiari che ritengo non meno interessanti di quelle commerciali perché ci offrono uno spaccato della vita di quell’epoca dall’interno di questi nuclei imprenditoriali.

I figli dell’Armatore sposarono in genere ragazze della vecchia borghesia locale o napoletana. Le figlie, ad eccezione di Giovanna andata in sposa al medico Antonio Maresca di Piano di Sorrento (e però anche questi discendente da una importante famiglia con tradizioni marinare espresse particolarmente nel corso del XVIII secolo), sposarono operatori economici napoletani. Antonietta l’orafo Antonio Nitsch, Fortunata il commerciante Don Saverio Cosenza (anche se la famiglia Cosenza era in effetti originaria di Montechiaro dove aveva fatto fortuna tra il XVIII ed i primi del XIX secolo con il commercio dei tessuti in seta prodotti direttamente in loco), Maria il possidente Giuseppe Russo. Tutti napoletani. Unicamente Emilia sposò un possidente di Gragnano, tale Agostino Cavaliere.
Ho recuperato alcune delle convenzioni matrimoniali stipulate dall’Armatore in occasione del matrimonio dei figli. Si tratta di documenti avvincenti sia perché aiutano a comprendere come queste famiglie regolassero questi rapporti sia perché provano del notevole livello di agiatezza da loro raggiunto nel XIX secolo. I figli maschi dell’Armatore preferirono unirsi, come ho premesso, con ragazze della vecchia classe borghese del Piano di Sorrento.

Nel 1868 una delle figlie di Francesco Saverio, Maria Luigia si unisce in matrimonio con Luigi Maresca (fu Mariano).
Il 21 ottobre 1880 il Notaio Maresca stipulò il contratto matrimoniale tra il figlio dell’armatore, Salvatore, e la sig.na Sofia Maresca figlia di Giuseppe (fu Francesco), un armatore che dimorava in via Cassano 6. Da un atto del 14 agosto 1883 (rep. 293 del ruolo speciale notarile del Notaio Maresca) emerge che Giuseppe Maresca gestisse un servizio di collegamenti marittimi nel golfo. Nell’occasione vendette al commerciante Giuseppe Fucito fu Luigi, dimorante nel vicolo S. Giovanni a Cassano n. 6, una barca adibita al traffico nel golfo denominata Rosalia.

Alla figlia Giuseppe Maresca assegnò una dote di 20.000 lire. A sua volta il cav. Ciampa donò al figliolo quattro carati sul brigantino in costruzione “Teresina” (costruito a Cassano nel 1880 e per lunghi anni al comando del cap. Aniello Cacace) del valore di 25.000 lire ed azioni sulla società familiare in nome collettivo costituita con l’altro suo figlio Francesco (nella foto di lato).

14 maggio 1881, atto rep.107 ruolo speciale notarile, il Notaio Pietro Maresca stipulò la convenzione matrimoniale di altra figlia, Giovanna, con il medico Antonio Maresca (della stirpe Maresca soprannominata Mangiagalline). Alla sposa Don Francesco Saverio assegnò una ricca dote di 50.000 lire di cui 35.000 lire con fede di credito presso il Banco di Napoli, sez. S. Giacomo, diecimila lire mediante accollo cessione del credito vantato da tale dott. Gabriele Alfano e da sua moglie Virginia Cacace nei confronti di un Don Vincenzo Masturzo, possidente di Arola (mutuo concesso al Masturzo nel 1865 con atto per notar Buonocore di Massa Lubrense). Infine in 5.000 lire fu valutato il valore del corredo descritto in modo minuzioso, una lista infinita di tessuti ed indumenti tra i quali non mancano abiti da sera e da cerimonia, capi pregiati, stivaletti alla moda della belle epoque, cappelli della più svariate fogge.

Dopo un breve fidanzamento, ricevuta l’autorizzazione dagli zii Federico (medico), Antonio (Avvocato) e Giuseppe (Canonico), Antonio Maresca (che era orfano dei genitori), sposò Giovanna. Il matrimonio fu allietato dalla nascita di 10 figli, tra essi, nel 1882, mia nonna Silvia. I maschi erano Michele (sarà un medico affermato), Federico, Francesco e Giuseppe (morto all’età di soli 8 anni per una caduta), mentre le donne erano Concettina, Giovannina, Lidia, Maria, Raffaella e Silvia. Giovanna Ciampa era (come appare dalla foto di fianco) quel che si dice una bella ragazza, dolcissima di carattere, educata alla vita di società che queste famiglie erano, all’epoca, solite coltivare. Da giovane non disdegnava di fare vita di società.

Nutriva passione per andare a cavallo e ciò le procurò in famiglia e tra i conoscenti il soprannome “la cavallerizza”. Mia nonna mi raccontava che spesso andava a cavalcare nella tenuta del principe Colonna ai Colli. Riporto un episodio appreso dai racconti di famiglia.

Nel 1889 i Ciampa acquistarono la nave con scafo in acciaio, Cavalier Ciampa, varato a Genova. Al primo viaggio il Cavalier Ciampa fece sosta a Cassano, nell’occasione fu organizzata una serata a bordo per festeggiarne l’acquisto. All’evento mondano parteciparono autorità e cittadini di Piano di Sorrento. Al termine del ricevimento, le vettovaglie, compresi splendidi servizi di fine porcellana inglese, furono lanciati in mare, a dimostrare come gli armatori non badassero a spese.

Il 9 novembre 1981 (atto rep. 132 del registro Notarile Speciale del Notaio Pietro Maresca) fu stipulata la convenzione matrimoniale con cui Tommaso Maresca fu Don Felice (è la stirpe Maresca soprannominata del Grancano di cui ho parlato nei precedenti articoli) e Raffaella Lauro (di cap. Antonino) concedevano la loro figliola, Teresina, in matrimonio al primogenito dell’Armatore, Francesco, fornendogli la cospicua dote di 38.500 lire e, sempre con lo stesso atto, l’armatore, a sua volta, donava al figlio 50.000 lire per dimostrare il proprio compiacimento al matrimonio. All’atto era presente in qualità di testimone un cap. Nicola Cafiero fu Luigi domiciliato in via Meta 29 (all’epoca una strada dove abitavano numerosi capitani ed armatori). Francesco era il primogenito di Francesco Saverio, e quello a cui, dal 1892, dopo la morte del genitore fu, di fatto, affidata la direzione della flotta.

Con questa lettera Francesco Ciampa ringrazia il cognato Antonio Maresca per avere ben curato la moglie. Sono singolari le parole di ossequio che rivolge al cognato di cui stimava la competenza professionale “Comprendo la tua delicatezza … ma sono incoraggiato dalla tua benevolenza… … … ti prego di volermi usare indulgenza anche questa volta e te ne sarò grato….”
Dal 1897 Francesco andò ad abitare in quella splendida villa neoclassica circondata da esteso fondo ubicato tra la strada che oggi porta il suo nome (via Francesco Ciampa) ed il vicoletto di Gottola. Una proprietà acquistata con atto per Notar Mazzitelli del 6 aprile 1897 dalla famiglia svizzera di Davide Vonviller.

Immediatamente dopo il cancello d’ingresso a fine 800 esisteva un piccolo edificio, articolato su due livelli: al piano terra erano ospitate le stalle dei cavalli, a quello superiore l’alloggio degli stallieri.
L’armatore Francesco Saverio Ciampa moriva nell’aprile 1992. Con testamento olografo del 18 luglio 1889 aveva disposto dei suoi beni lasciando eredi del 50% del suo patrimonio i figli maschi Francesco, Luigi, Salvatore, Alberto ed Agnello e per il restante 50% tutti i figli comprese le figlie femmine. Al fratello sacerdote, Salvatore, con lui convivente, lasciò delle somme in denaro ed, a titolo di legato, l’uso di una casa con annesso giardino posta tra via S. Sergio e la via Provinciale (attuale C.so Italia) acquistata dai sig.ri Castellano e Balsamo.
Il testamento fu depositato dal Notaio Pietro Maresca (rep. speciale notarile 76) e dai figli Salvatore e Francesco il 17 maggio 1992 nella Pretura di Piano in via Casa Lauro innanzi al Pretore Dott. Federico Tufano. Testimone Raffaele Aponte di Salvatore residente al Rione Cappuccini di S. Agnello. L’atto, poi, fu registrato presso l’Ufficio del Registro di Piano di Sorrento (con Uffici in Piazza Mercato) il 20 maggio 1892 (in basso il timbro dell’Ufficio del registro di Piano di Sorrento).

Ai figli l’Armatore raccomandò di fare opere di bene per i poveri come lui aveva fatto in vita. Si preoccupò anche di ricordare loro di sistemare il fondo ai Colli di Fontanella, acquistato anni prima dai padri Teresiani, al quale evidentemente era molto legato e sul quale conservava, come emerge dall’inventario stilato successivamente alla morte, fucili da caccia allevandovi un numero incredibile di quaglie, circa 250.

La circostanza che avesse lasciato eredi, anche della flotta, tutti i figli (sia pure per quote diverse avendo conferito ai maschi la disponibile), comprese le femmine, fu la ragione per la quale il 7 giugno 1892 (atto n. 1820 del rep. speciale notarile) tutti gli eredi, le figlie femmine accompagnate dai rispettivi coniugi, si riunirono nello studio del Notaio Pietro Maresca e conferirono al primogenito Francesco la procura ad amministrare la flotta che a quel momento era costituita dai velieri “F. S. Ciampa”, “Cavalier Ciampa”, “Francesco Ciampa”, “Salvatore Ciampa”, “Chiarina”, “Teresina”, “Fortunata”, “Leone”, “Vesuvio”, “Emilia”, “Nuova Jork”, “Ciampa Emilia”, “Salvatore” ed “Emilia Ciampa”.

Alla morte di Francesco Saverio Ciampa la flotta era nel pieno del suo vigore commerciale e mercantile ma con il nuovo secolo le cose cambieranno, soprattutto dopo la Prima Guerra Mondiale, ma questa è un’altra storia. Io intendo fermarmi alla fine dell’800 che fu il secolo d’oro della marineria peninsulare

E’ questo il sesto dei sintetici articoli storici che vi ho proposto certamente non esaustivi della lunga storia della marineria del Piano di Sorrento ma spero di aver colto qua e là qualche sfumatura tralasciata da altri che si sono cimentati, prima di me, in questa impresa e che ciò possa arricchire il bagaglio delle conoscenze sull’argomento. Mi propongo di raccogliere gli articoli in una pubblicazione corredandola di eventuali altre notizie e di materiale fotografico ed, in proposito, invito chi ne possedesse a fornirmene copia per arricchire la ricerca.

Ringrazio per queste ricerche l’Archivio Storico di Napoli e quello Notarile, il Parroco di Piano di Sorrento Don Pasquale Irolla e il suo collaboratore Antonino Russo, il prof. Biagio Passaro che, oltre ad indirizzarmi per le ricerche, mi ha fornito preziosi chiarimenti e suggerimenti, l’ing. Giuseppe Pontecorvo che mi ha cortesemente consegnato copia di planimetrie della Marina di Cassano redatte nel 1830, l’arch. Gioconda Cafiero e l’arch. Margherita Maresca che mi hanno gentilmente messo a disposizione atti e documenti di famiglia, la Casina dei Capitani di Meta per aver messo in rete notizie utilissime, alle quali ho attinto confrontandole con altri documenti di archivio, su armatori, capitani e bastimenti della nostra costiera e quanti mi hanno preceduto con le loro ricerche ed i loro scritti senza i quali non avrei potuto scrivere un solo rigo. Mi scuso con chi non ho citato”.

Francesco Saverio Esposito

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