Lauro: strategia “Europa 2020” per uscire dalla crisi economica

Sen. Raffaele Lauro

ROMA – Secondo il Sen. Raffaele Lauro (PdL) occorre cogliere l’occasione della “Strategia Europea “Europa 2020” per avanzare con decisione sulla strada delle riforme, ben sapendo che l’Italia più delle altre grandi economie ha tutto da guadagnare da questa marcia, mentre mancare questa occasione significherebbero perdere ancora posizioni. Intervenendo questa mattina, nell’aula del Senato, sulla strategia europea per la crescita economica, da perseguire entro il 2020, in grado di diventare la bussola delle politiche nazionali per il prossimo decennio, con l’indicazione degli obiettivi da conseguire, il sen. Raffaele Lauro (PdL) ha approfondito i vincoli europei del riformato Patto di Stabilità, che limitano di fatto tanto la sovranità nazionale, quanto la capacità di attuare programmi di rilancio dello sviluppo economico, che risultino generici, incoerenti ed irrealistici. “Benché la storia economica degli ultimi decenni – ha affermato Lauro – abbia dimostrato che le pressioni esterne, particolarmente dell’UE, hanno avuto un ruolo determinante nell’indurre l’Italia a mettere ordine nei suoi conti pubblici, le modifiche proposte al Patto di Stabilità sono particolarmente penalizzanti per l’Italia nella  prospettiva di molti anni avvenire, proprio perché, tra le grandi economie europee, la nostra è la più deviante rispetto alla disciplina che si intende introdurre in termini di debito e deficit pubblici. Questa si articola essenzialmente in tre interventi: – un’attenzione maggiore sul rientro del debito entro il limite del 60 % del PIL; – un maggiore rigore nel fare rispettare i vincoli di bilancio; – e una verifica preventiva a livello europeo della coerenza della politica nazionale con le regole comunitarie, prima della sua messa in opera. L’impressione, che se ne trae, di un insostenibile rigore non viene scalfita dal fatto che non si conoscono ancora i termini quantitativi della nuova disciplina, né dei meccanismi per attuarla, dato che saranno stabiliti entro il 2013, per entrare in vigore immediatamente dopo.” “Questa situazione di devianza dai parametri del Patto – ha sostenuto Lauro – non è destinata a rientrare in breve tempo, ma dovrebbe trascinarsi ancora per molti anni. Secondo proiezioni realistiche il deficit di bilancio scenderebbe sotto il limite solo nel 2012 (-2,4%), con un fabbisogno finanziario leggermente più alto (-2,6%), ma il debito solo nel 2013 si riporterebbe ai livelli del 2009 (115,2 % PIL), dopo aver raggiunto il picco del 119,2 % nel 2011. Inoltre, sulla dinamica del debito/PIL nel prossimo triennio influiranno, sia la crescita modesta del PIL (l’1,3% nel 2011 e 2% nel 2012-13), sia la partecipazione al sostegno finanziario della Grecia. Senza tenere conto di altre variabili, sulle quali si addensano preoccupanti incertezze, che vanno a dilatare il debito, come l’evoluzione della spesa per interessi sul debito, il saldo primario (differenza tra entrate e spese al netto degli interessi sul debito), il disavanzo netto (alias, indebitamento netto) e le operazioni di finanziamento non legate alla copertura del disavanzo pubblico, che riguardano in specie gli enti pubblici.” ” In questo scenario necessariamente rigorista – ha aggiunto Lauro – il percorso della nostra economia non è ineluttabilmente segnato, ma sono possibili due vie di fuga dalla stagnazione economica, conseguente al rigore nel rientro del debito: 1) ottenere dall’UE un altrettanto stretto coordinamento delle politiche economiche che obblighi i paesi in surplus di bilancia corrente con l’estero, segnatamente la Germania, a perseguire politiche di riflazione della domanda interna; 2) cogliere l’occasione del Programma Nazionale di Riforma, previsto dalla Strategia Europea ‘Europa 2020’, per varare al più presto un programma pluriennale di vere riforme, coerenti e fattibili, approvato in progetto dal Governo Berlusconi nel Consiglio dei Ministri del 5 novembre scorso”. ” Un Programma Nazionale di Riforme costituisce l’occasione – ha concluso Lauro – per perseguire gli obiettivi della Strategia Europa 2020. I traguardi posti dall’UE hanno grande rilevanza per l’Italia, proprio perché interessano le maggiori vulnerabilità della nostra economia. Si tratta di mirare a un tasso di occupazione del 75%, a fronte del 57,2% attuale dell’Italia; di  destinare il 3% del PIL alla ricerca e all’innovazione, a fronte del 1,2% attuale; di raggiungere il traguardo del 20/20/20 in campo energetico; di portare al 40% la percentuale dei giovani con un’istruzione a livello terziario; e di ridurre drasticamente la quota di popolazione a rischio di povertà. A questi obiettivi si affiancano, in funzione strumentale, diversi altri: quali la semplificazione amministrativa, il disboscamento delle posizioni di rendita o privilegio sul mercato, l’efficienza nei servizi pubblici, un sistema di relazioni industriali, che non ponga le nostre imprese in condizioni di svantaggio nella concorrenza internazionale, un’attenzione maggiore alla produttività, la realizzazione di infrastrutture funzionali al sistema produttivo. Non sono questi obiettivi nuovi; anzi, da più di un decennio se ne parla e sono stati anche inclusi nella Agenda di Lisbona, che tuttavia è stata eseguita solo in modesta misura. Occorre, quindi, cogliere l’occasione della Strategia Europea ‘Europa 2020’ per avanzare con decisione sulla strada di queste riforme, ben sapendo che l’Italia più delle altre grandi economie ha tutto da guadagnare da questa marcia, mentre mancare questa occasione significherebbero perdere ancora posizioni.”

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