“Stonewell The Temple” la mostra di Vito Fusco per la Giornata internazionale contro l’omofobia, la bifobia e la transfobia

stonewall-the-templePositano (SA) Vito Fusco è un fotografo, che ho avuto il piacere di conoscere seguendo alcune edizioni del “Positano Premia la Danza – Lèonide Massine”, uno di quei professionisti che, come scrive Henri Cartier-Bresson, intendono il fotografare non come il semplice atto di allineare la testa, l’occhio e il cuore, ma un vero e proprio modo di vivere. Vito ha una bressoniana voglia di vivere l’arte fotografica, se mi passate l’espressione, declinata con i colori di Saul Leiter e le emozioni di Letizia Battaglia. Arte del racconto con e per immagini, quella del positanese Vito Fusco, alunno di Davide Monteleone, che potrete ammirare a Vico Equense all’interno della Casa comunale dal 17 al 28 maggio, con apertura il 17 alle ore 18. “Stonewell The Temple” è il titolo della mostra e dell’omonimo libro ad essa collegato. “Stonewall Inn” è un pub storico di New York, un ritrovo legato alle rivolte del 1969 del movimento omofilo ed alla figura di Sylvia Rivera, transessuale che per prima si ribellò alla polizia che faceva continue e ingiustificate irruzioni nel locale per terrorizzarne e “punire” i suoi avventori. Essere omosessuali in quegli anni era, infatti, una colpa, comportava il carcere, che spesso prevedeva per gli arrestati la “cura” con l’elettroshock. Sono stati anni bui, ma i nostri non lo sono da meno se pensate che ancora oggi, nel 2022, dieci paesi prevedono la pena di morte per gli omosessuali. Tra le foto che più amo del reportage di Vito, che ritroverete nella mostra e nel testo

Vito Fusco, fotografo

Vito Fusco, fotografo

“Stonewall The Temple” (Archimedia Lab, patrocinato da Amnesty International Italia), mi piace, in questa sede, ricordarne due. La prima ritrae l’insegna al neon del pub, tutt’intorno bandiere arcobaleno, un cartello che recita “Stop the Hate” e adagiata, come una reliquia tra fiori e candele, una raccolta di ritratti che in alto riporta la data 12 giugno 2016. Già era giugno, una domenica mattina, quando Omar Mateen, 29 anni, entrò nel “Pulse”, locale gay di Orlando, per sparare a 49 persone uccidendole tutte e ferendone altre 50, pensate che l’FBI definisce “omicidio di massa” un evento in cui vengono uccise almeno quattro persone al di fuori dell’aggressore. Fu tutto disgustosamente disumano. La seconda foto ritrae una delle pareti interne sempre del pub newyorchese. Noi spettatori siamo invitati da Vito a confrontarci con un muro dipinto totalmente di rosso sangue. Mi ha richiamato alla memoria un celebre quadro di Alberto Burri, “Grande Rosso” del 1964. Burri era un medico, conosceva bene la sacralità e il colore del sangue, elemento vitale. Il rosso delle sue opere era cupo, come quello delle ferite interne. Burri lo scuriva con la fiamma ossidrica per dare vita a quella che Michel Tapié definirà ‘Art autre’, letteralmente “arte diversa”: già, torniamo a riflettere su ciò che è diverso e che temiamo. La verità è che chi odia il diverso odia sé stesso e chi odia sé stesso è capace di qualsiasi nefandezza. Credevamo che le guerre in Europa non ci sarebbero più state e invece è alle nostre porte. È questa cultura dell’odio che dobbiamo contrastare e le manifestazioni artistiche e culturali sono un ottimo strumento di sensibilizzazione, non bisognerebbe mai cessare di riflettere e porsi domande su ciò che nutre e fomenta l’odio. Dunque ben vengano le manifestazioni pubbliche contro tutto questo, soprattutto eventi come la mostra di Vito Fusco organizzata proprio il 17 maggio, in occasione della Giornata internazionale contro l’omofobia, la bifobia e la transfobia promossa anche dal Ministero dell’Istruzione. Un’occasione seria, una manifestazione nobile e colta per capire e crescere insieme.
di Luigi De Rosa

Link utili: https://www.vitofusco.com/

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